"Ricorda/me"
Vincenzo Mascoli si racconta attraverso la memoria artisticaSabato 10 dicembre, alle ore 19.00, avrà luogo l’inaugurazione della mostra personale di Vincenzo Mascoli “Ricorda/me”, presso il Castello Baronale Caracciolo, in Largo Castello a Cellamare.
L’artista coratino affronta una narrazione delle reminescenze artistiche del passato che ispirano il suo lavoro e concepisce un’arte che non è la mescolanza, ma la sua comprensione.
L’immediatezza delle opere di Mascoli è la presa di coscienza degli insegnamenti della storia dell’arte e al contempo una continua sperimentazione, pronta ad accoglierli e a tradurli in un’arte nuova, tutta soggettiva. Le pennellate vigorose, il vortice emozionale, il ricorso al collage evocativo ci coinvolgono in una dimensione in fermento che traduce la sua giovane voglia di rivelarsi e di essere ricordato insieme ai suoi ricordi stessi.
Con il patrocinio dell’Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo della Regione Puglia e dell’Anci Giovane Puglia, l’esposizione sarà fruibile fino al 10 gennaio nel suggestivo castello di Cellamare che diventa luogo ideale della memoria e reinterpretazione dello spazio museale, affidata all’innovativo e dinamico allestimento multiprospettico, curato da Angela Varvara e Rosa Lorusso. Vincenzo Mascoli attento difatti ad ogni aspetto estetico e si circonda di personalità pragmatiche e vivaci che non tralasciano il funzionale e comunicativo fattore grafico, condotto da Stefania Carrieri.
Un ulteriore ringraziamento va alla Provincia di Bari e al Comune di Cellamare, nonché all’amichevole collaborazione della Ciberlab, dell’Associazione Culturale CoArt e alla Mafè Gallery.
Un incontro stimolante da non perdere per approfondire la conoscenza di un artista che acquisisce sempre maggiore voce in Puglia e che vanta numerosi riconoscimenti. Un’inarrestabile talento che si propone dinamico ed eclettico con tutto il suo bagaglio culturale anche extra-europeo.
Ricorda/me
L’artista brancola nel caos della memoria, inciampando tra le immagini della storia dell’arte e, come il solerte Sisifo, condannato a reggere il peso dell’eternità, sostiene quello della tradizione dei grandi maestri. Dopo aver sfidato gli Dei, le personalità illustri, le opere e le intuizioni irripetibili, il pittore si accorge di essere intrappolato nell’immaginario artistico collettivo, nella sedimentazione di effigi di quadri immortali. Soggetti indelebili tormentano l’ispirazione dell’artista che, consapevole della saturazione del mondo creativo, raccoglie lacerti di libri d’arte, opere turbinanti in un collage fitto e confuso quanto lo è la memoria. Vincenzo Mascoli sparpaglia e raccoglie i suoi modelli, tra cui Caravaggio, Picasso, Goya, Basquiat e ritagli Pop, ritraendo il corpo umano in tutto il suo dinamismo, a testimoniare la libertà stilistica, lusso e incoraggiamento dell’artista contemporaneo, che al contempo ne ha incatenato il genio. L’uomo rappresentato, vagheggia i suoi canoni e, talvolta sembra strappare fisicamente disegni cartacei per imprimerli su un muro inconsistente ed eleggerli a ricordi e idoli, materializzati nell’irruzione violenta di colore che accentua la forza disgregatrice dell’opera di Mascoli. È un’energia pari alla ricerca, un industriarsi a raccogliere insegnamenti atti alla sperimentazione, di cui l’intricata mescolanza è l’emblema.
Ricorda/me è dunque una sequenza mentale, programmatica quanto spontanea, che appare l’esplicazione di come agisce la memoria stessa, tradotta dal giovane artista in fotogrammi simultanei, in cui tenta di mettere a fuoco un’immagine nel turbine di corpi, scritte, sguardi del passato per concepire “l’idea”. Il risultato, difatti, è il delinearsi di un uomo privo di ogni connotazione caratteristica, non dotato di una fisionomia particolare, pur esibendo un’incisiva resa anatomica. La muscolatura agile, ora distesa, ora abbandonata, si fa protagonista di questa dimensione della mente, riprodotta come in momenti fotografici diversi, tutti tesi all’esaltazione del gesto. La torsione, il movimento, la tensione muscolare e le posture laboriose, talora contorte, traducono l’operato dell’artista e l’alacrità della sua ricerca. La materialità della carta di libri e giornali che Mascoli utilizza ci riporta semanticamente alle pagine da sfogliare, da rimirare, da toccare per giungere ad una “scelta”.
Pertanto, l’importanza che il gesto assume in questi fotogrammi coincide con la “scelta” operata dall’artista, che seleziona gli insegnamenti dell’arte al fine di farli rivivere e diventare ancora arte. Vincenzo Mascoli compie un intimo racconto del passato per narrare di sé stesso e del suo percorso. Il gesto, tradotto in termini di movimento, esprime il carattere mutevole e sperimentale di un’arte in divenire, ma anche in ricorrenza. L’eternità del bagaglio figurativo, pena dell’artista-Sisifo, non arresta infatti il processo creativo, ma tende a condurlo in strade già battute e con una fine, che come nel mito, riporta l’uomo all’inizio del suo percorso, obbligandolo a tracciare ancora lo stesso sentiero, per coglierne la vera essenza di conoscenza.
Pur rimanendo una figura “ideale”, priva di identità definita, il soggetto raffigurato dall’artista è concreto e soprattutto presente; nitido relativamente allo sfondo in cui è immerso, il presente sopravvive alle reminescenze artistiche e descrive, attraverso il movimento e l’atteggiamento, lo spazio in cui esiste. Sono i blu a partorire rughe ed ombreggiature, sfaldate nelle forme di un corpo che non è fissato saldamente da una linea di contorno immobile, mentre nero e grigi ne decidono l’anatomia senza costringerlo in una sagoma inanimata. Il personaggio di Mascoli è vivo, in continua e convulsa attività; possiede nell’impercettibile espressione quella curiosità tipica dello sperimentatore e si mostra in tutta la sua nuda trasparenza, a dimostrazione di quel desiderio di rivelarsi. Sono le movenze a interpretare la versatilità del personaggio, a suo agio in ogni schema e scoperta del passato. L’andatura libera, tutt’altro che impostata, dimostra l’ardimentoso lavoro dell’evocazione, disgregata nella vivacità scarlatta del rosso, fino al momento del riposo, della meditazione. In effetti Vincenzo Mascoli non esclude pose di abbandono, poiché non è interessato a esaltare la forza del suo personaggio, quanto invece la plasticità.
La posizione rilassata suggerisce l’idea di un incubo persecutorio, quello delle forme stilistiche da cui il pittore non riesce a fuggire. Il citazionismo diventa allora, l’espediente che stimola un’arte personale e l’aiuta a svelarsi; un’arte ormai distaccata dalla corrente concettuale già negli ’70, che ridesta la tradizione figurativa e la reinterpreta alla luce di un filtro tutto neo-espressionista. Nei quadri del giovane artista, difatti, è facile scorgere l’aggressività del graffitismo newyorchese e la grinta di alcuni valori che la Transavanguardia , in Italia, aveva espresso con la sua carica evocativa, non più voce al servizio della protesta, ma vera e propria presa di coscienza del caos circostante ed espressione di una singolare soggettività. La visione della realtà e la caratterizzazione della nuova personalità dell’artista, scardinate da ogni interesse verso il puro materialismo, si palesano nel recupero della pittura, riscoprendo l’immediatezza della rappresentazione come della narrazione. Ad aggiungere impulsività al linguaggio pittorico di questa nuova generazione di artisti è sicuramente il terreno recente in cui affonda le radici: l’irruenza gestuale dell’action che aveva cancellato la raffigurazione stessa, insegnando però una nuova spontaneità.
La violenza espressiva, sprigionata dalla pittura di Mascoli, è plasmata quindi, anche dalle neo-avanguardie, ma alla luce della testimonianza del presente, assordante e indefinito. La vorticosa dimensione in cui l’artista colloca la forma razionale dell’uomo, è certamente il mosaico di un genio lontano, il quale però si disgrega nell’ignoranza della società, nella superficialità di uno sguardo collettivo che non si sofferma più su alcuna immagine. L’uomo contemporaneo è dunque calato in uno scenario in cui nulla è messo a fuoco e la cultura appare violentata da un’ottica vaga, poco profonda e ingarbugliata, specchio di una realtà tanto impenetrabile da risultare incomprensibile. Tale stato di confusione è accentuato dalla divergenza abissale tra le incertezze della modernità e quelli che erano i valori inaffondabili trascorsi.
L’assurdo dell’esistenza, di cui Albert Camus discute nel suo mito di Sisifo, è dunque lo iato irrimediabile fra termini di paragone, che rende ogni passo inevitabilmente insensato e destina all’artista contemporaneo questa scomoda consapevolezza, affiancata dal vantaggio della libertà di espressione. Tuttavia, così come ribadisce lo scrittore francese, anche la libertà è assurda, poiché, all’indomani delle conquiste, si tramuta in mancanza di nuovi propositi; non c’è disperazione e inerzia in questa cognizione, ma al contrario una rivolta cosciente, che non si prefigge alcuno scopo. E ancora, l’arte è assurda, dal momento che trova un senso soltanto in sé stessa e può divincolarsi dalla gabbia dell’eternità soltanto attraverso la creazione disinteressata, illogica, contingente, sprovvista di mete da raggiungere. Camus afferma ancora “L'assurdo è essenzialmente un divorzio, che non consiste nell'uno o nell'altro degli elementi comparati, ma nasce dal loro confronto”.
Il paragone diventa stimolo di esercizio e abilità, così come lezione di osservazione. Vincenzo Mascoli, difatti, è interessato, nel naufragio dei suoi mentori, a scovarne la razionalità profonda che li contraddistingue e studia in particolare il modellato umano, ispirandosi al vigore plastico michelangiolesco, nonché alle figure di Hogarth, che l’artista riproduce e inserisce nell’esposizione. I fondi sfaccettati e confusi anelano a un ordine lineare, pulito, ma pur sempre energico che si espleta nell’incontro con il disegno, talento e certezza che rimane costante nel tempo. Il disegno anatomico, emblema di perfezione classica, altro non è se non scomposizione, dal greco ανατομή, dissezione, separazione; Mascoli lo utilizza perciò come formula delle sue sicurezze, che mitigano il caos circostante attraverso la razionalità delle proporzioni, per dare compostezza a ciò che è frammentario . I canoni classici relativi al corpo umano vengono difatti recuperati durante l’Umanesimo, epoca in cui l’uomo, attraverso lo strumento cognitivo dell’arte, approda a delle certezze e impara a concepire il reale con l’intelletto. L’artista fa dunque ricorso al disegno per conferire all’opera come alla mente, una sorta di ordine, una definizione che emerga prorompente dal caos. L’elaborazione della prospettiva agli inizi del 400, conferma appunto, simbolicamente, il bisogno di chiarezza di una società in cui l’uomo non è più in balia dell’universo, ma cerca di disciplinarlo. Mascoli reinterpreta le regole prospettiche, accelerandole e sfasandole in piani condensati fino a disperderne le proiezioni che, definite dal colore a tratti spatolato e dalle linee forza, realizzano una spazialità eclettica, in cui tutto è possibile.
La forza che qualifica i corpi dipinti afferma ed accentua la volontà di dominare ciò che la circonda, non in termini di potere fisico, quanto della ragione; le sagome si delineano infatti come una massa consistente e dotata quasi di una luce propria che illumina la penombra blu e rossastra e riesce a scandagliare le sfaccettature della realtà come della storia fino alla comprensione. L’artista non è dunque solo imprigionato nella sua libertà creativa, ma al contempo cattura egli stesso le immagini del passato attraverso la perpetuazione , fine ultimo dell’arte.
Sisifo, che subisce il peso dell’eternità proprio per aver recluso e sconfitto Tanato, veste ancora un volta i panni dell’artista, il quale attraverso la memoria, lo studio e la riproduzione annulla la morte. L’arte diventa la narrazione della caducità, di cui i corpi sono la trasposizione, ma anche del genio dell’artista che, raccontandosi viene ricordato e diventa immortale.
Linda Roggio
alcune opere in mostra